Adotta una Via
Quest’anno la direttrice del corso di arrampicata della GERVA (Scuola Nazionale Giusto Gervasutti di Torino) ha confermato l’usanza, oramai ventennale, di chiusura del Corso di Arrampicata, con l’uscita in Sbarua, luogo storico per tutti gli alpinisti del nord-ovest e Torinesi in particolare.
E’ in quell’occasione, forse perché era da tempo che non venivo da queste parti, che mi sono reso conto del degrado di molte vie storiche e non, di questo sito.
Partito per andare a fare la “via dei Rabdomanti”, non ci sono arrivato per via di alberi caduti e sterpaglia varia all’attacco della via.
Ho rimediato su “Osteria del Viandante e Analcolica”
Sulla prima tutto perfetto, sulla seconda il muschio lo fa da padrone e, su alcuni spit, è meglio non pensare troppo e andare via veloci.
Parlando con altri istruttori mi è sembrato di capire che situazioni come questa, non sono eccezionali ma quasi la consuetudine, visto che oramai sono anni che non si fanno più lavori di manutenzione delle vie e dei sentieri che collegano le varie pareti.
Eppure il luogo è sicuramente tra i più frequentati del Piemonte, sito di eccellenza delle scuole di alpinismo, non solo piemontesi, con vie che hanno fatto la storia dell’arrampicata e che portano, tra gli apritori, firme illustri (non ultimi anche di alcuni istruttori della Gerva).
Che fare???
Pensare di chiedere alla Provvidenza un miracolo, mi sembra esagerato, ci sono cose molto più importanti al mondo che necessiterebbero di un intervento divino, pensare che possa farlo l’istituzione CAI nei suoi vari livelli, mi sembra di averne sentito parlare anni fa ma senza alcun risultato concreto, pensare ad altri soggetti che si avventurino in questa impresa, se non incentivati economicamente, impossibile.
Faccio parte di coloro che sono convinti assertori che, ogni qualvolta si critica una situazione in essere, si debba anche proporre una soluzione e, soprattutto, non delegare ad altri quello che si può fare in prima persona, poco o tanto che esso sia.
Sarà l’arrivo dello spirito natalizio, sarà che al lavoro ho partecipato a un convegno su questo tema, sarà che al banchetto in piazza ho visto una raccolta fondi sull’adozione a distanza, mi è balenata un’idea che potrebbe essere un’occasione per scuoterci dal torpore che fa parte di questo periodo storico.
L’iniziativa si potrebbe intitolare “ADOTTA UNA VIA” e consiste nello scegliere una via in “cattive condizioni” e rimetterla a posto cambiando il materiale in loco (spit e soste) ma, ovviamente, senza mettere mano all’itinerario se non in casi eccezionali e/o legati alla sicurezza.
Il lavoro sarebbe a totale carico degli alpinisti/arrampicatori che vogliono adottare la via e, tassativamente, dovrebbe essere preceduto da un assenso (se ancora in vita) dell’apritore della via.
Ne ho parlato con Claudio e visto che da tempo mi parla di una via che gli piacerebbe ripetere, eccoci di fronte a una birra scura e lo schizzo della parete del Cinquetti, la via che vogliamo adottare è RIO PLANO, l’apritore; Rio Celso guida alpina cuneese, da me contatto nei giorni scorsi, ha dato il suo entusiastico consenso e nei prossimi giorni avvieremo il cantiere.
Arriva una settimana di alta pressione e scalare in Sbarua è uno spettacolo, la vista sul Monviso ti appaga più di qualsiasi mostra fotografica e salire con il solito zaino ciclopico meno pesante del solito.
Mentre scendiamo sulla via per capire come procedere vediamo che le soste sono state sostituite e pertanto procederemo solo al cambio degli spit. In settimana ho parlato di questa iniziativa ad altri amici arrampicatori, qualcuno è interessato, altri mi hanno quasi tolto il saluto….niente da fare sulla parola ETICA ci sarebbe, nel nostro piccolo mondo, da scrivere una Treccani perché ognuno se la gira come vuole…io per primo!!!.
Ri-chiodare una via è sempre un azzardo: da una parte gli integralisti che nulla vorrebbero fosse toccato per rispetto alla storia e agli apritori, dall’altra gli esteti del gesto che richiedono la totale sicurezza dell’itinerario per provare e riprovare la “libera”, senza rimetterci le caviglie.
Nel rispetto di entrambe le visioni e delle varie articolazioni che le amplificano all’infinito, abbiamo deciso che buttare un “sasso nello stagno”, anche per dare la possibilità di risollevare dall’oblio un luogo che non è solo storico ma infinitamente bello per tutti, sia che si arrampichi sia che si gironzoli per il bosco.
Vi sono alcuni esempi in materia: la palestra di Roaschia (in Provincia di Cuneo) inventata e attrezzata dal compianto amico Ciano (Luciano Orsi) e poi ri-attrezzata dalle Guide Alpine su incarico del Comune, l’associazione ARRAMPIGRANDA che opera nel cuneese (la guida l’amico Giovannino Massari) attrezzando e rimettendo a nuovo vecchie falesie dimenticate dal tempo, oltre che promuovere corsi di arrampicata; la recente associazione ROCKCARE che opera nel torinese, e persino in Svizzera opera un ente – ReBolting - che rimette in sicurezza vie e siti storici (letto proprio su GOGNABLOG !!).
Certo non spetta ai singoli risolvere il problema nella sua totalità, ci vuole un minimo di regole e di organicità perché il rischio che tutti facciano quello che vogliono senza alcun rispetto per chi li ha preceduti (si chiama “Storia”, anzi “Stories”) esiste eccome, però non fare nulla o non parlarne è peggio ancora.
Ci saranno altri istruttori e arrampicatori/alpinisti che si divertiranno a fare quello che Claudio ed io abbiamo fatto? Altri alpinisti e arrampicatori che si domanderanno se non è il caso di ragionare insieme e trovare soluzioni al problema? Ci sarà qualcuno che, avendone la responsabilità istituzionale, si attiverà per trovare risorse e mezzi per qualcosa di più organico??? Tutto può essere ma occorre che se ne parli, diversamente continueremo a lamentarci e basta.
Gian Piero Porcheddu (GPP)
IS e GISM.