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Orso Sacro v2 e riflessioni su nuove aperture e manutenzioni di vie esistenti

Per quale motivo ogni risalto roccioso deve essere chiodato, perché non ci prendiamo cura di quello che abbiamo e non saturiamo gli spot esistenti invece di andare a martoriare le ultime rocce rimaste prive di spit? Ho letto recentemente questa riflessione su un post online, che mi ha fatto ragionare sui miei ultimi progetti.

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Uno di questi è l’Orso Sacro (link alla relazione), una piccola falesia nata per gioco nel Gennaio 2023, dopo una esplorazione del versante esposto a Sud della Val di Susa, tra Borgone e Condove, la Roceja. Avevo individuato insieme a Sandro Zuccon delle belle fessure e limitando al massimo l’intervento erano uscite sette linee ad incastro carine e non difficili, e di una certa lunghezza, tutti elementi non certo scontati in val di Susa. Quasi tutte ottime per i principianti, in linea con il manifesto del “cit-district”, qualcuna ostica anche per i più esperti.
Curiosamente, proprio la val di Susa si è ritrovata negli ultimi anni a veder fiorire in breve tempo davvero tanti piccoli spot dedicati alla scalata tradizionale, grazie ad i Tritoni e poi alle Spazzole, due gruppi sempre pronti a infilarsi nei boschi più spinosi e rimboccarsi le maniche per tirar fuori dal niente qualche linea da scalare “clean”.

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Proprio in quel clima di avventurosa esplorazione, quasi di competizione, era nata l’Orso Sacro, a suo tempo mi ero dedicato alle linee trad, ma avevo ben visto altre possibilità per tiri sportivi, che al momento misi in secondo piano, come al solito mi trovavo ad aver più progetti che tempo ed energie.

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Cercai di limitare al minimo i segni del mio passaggio, ricordo la soddisfazione nell’essere riuscito ad usare solamente quattro soste per sette tiri, soste alla francese, per impattare meno anche visivamente. Sentiero tracciato al minimo, traccia GPS pubblica per permettere a tutti di trovare l’accesso senza dover aprire un’autostrada nella vegetazione, qualche spazzolata ed il gioco era fatto.

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Nel frattempo, oltre a diversi cantieri di apertura su vie lunghe in montagna, mi ero dedicato a chiodare anche una nuova falesia, una parete sempre nella zona della Roceja, non lontana dall’Orso, dove però la maggior parte dei tiri erano su roccia compatta, nonostante la presenza di alcune fessure lasciate trad: nasceva il BBB. In quella fase della mia evoluzione come “apritore” sentivo la forte necessità di imparare a chiodare dall’alto, oltre che dal basso, e quello ero il terreno perfetto. Ho iniziato quindi a lasciarmi dietro qualcosa in più di una sosta: vie sportive, spit, fori che rimarranno per sempre, non senza qualche titubanza. Mi sono quindi imposto di lavorare al meglio sotto tutti gli aspetti: creativo, tecnico, ambientale.

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Finito al Pancione, quest’inverno (ndr. 2025) sono quindi tornato all’Orso, non avevo dimenticato i bei muri presenti, e decido nelle vacanze di Natale di chiodare qualche itinerario secondo me davvero meritevole. Poi come sempre lo sguardo si allarga, e da quella manciata di linee evidenti sono arrivato a circa 20 tiri, comprese le fessure. Il mio approccio è diventato un po’ più strutturato e sistematico, sempre usando esclusivamente materiale omologato e di massima qualità, chiodando in maniera sicura, pur mantenendo un approccio il più possibile “light” nei confronti dell’ambiente naturale su cui insiste la falesia. Non ho mai lasciato corde in parete, gli unici attrezzi a motore (elettrico) utilizzati sono stati trapano e soffiatore. Niente targhette con tassellini di plastica, niente sika, fisse personali, me ne rendo conto. Ho cercato di tagliare rami solo dove proprio indispensabile, non mancando di sentirmi comunque un po’in colpa. Ho anche previsto un’area adibita a WC, dove poter sotterrare i propri bisogni: perché non farlo in tutte le falesie?

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Tornando alla domanda originaria, che mi trova assolutamente d’accordo, credo sia davvero importante dedicarsi alla manutenzione dei siti storici e meritevoli, anche se su questo andrebbe aperto un capitolo sul come, e sul chi ne dovrebbe avere effettivamente accesso, per cultura, competenze e quindi diritto a farlo. Credo che gli interventi di manutenzione ordinaria e soprattutto straordinaria, per non parlare del restauro di falesie e vie meritino tavoli seri e strutturati di discussione prima dell’opera. Non ci si può affidare solo alla buona volontà e alla sensibilità dei singoli, che per quanto apprezzabili non possono essere sinonimo di qualità.

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Non sono del tutto d’accordo sul saturare ciò che esiste, perché spesso ciò significa andare a raschiare il fondo del barile. Ecco, il fondo del barile, spesso è esattamente quello che rappresenta chiodare piccole falesie come l’Orso Sacro all’alba del 2025, ed è questo il dubbio che mi ha accompagnato in diverse giornate di lavoro.
Non mi metto mai su un progetto se non ci vedo qualcosa di bello, di positivo, di nuovo, ma si sa che ogni opera è bella agli occhi del suo creatore. Per fortuna il parere di autorevoli scalatori e il divertimento di tanti amici hanno poi allontanato questi dubbi.

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D’altro canto mi chiedo come si possa formare al giorno d’oggi un apritore, un chiodatore, senza fare danni su “opere”, falesie e vie preesistenti. Dove potrà apprendere l’arte della chiodatura chi tra qualche anno avrà poi l’onere di prendersi cura del nostro patrimonio di vie? Mi chiedo quanti danni hanno fatto e faranno manutentori improvvisati, più o meno anonimi, e apritori anche conosciuti che non hanno trovato di meglio da fare che andare ad infilarsi in esigue linee su strutture pre-esistenti più o meno famose. La storia siamo noi?! Mah.
In definitiva credo che sia giusto lasciare a ciascuno la libertà di trovarsi la sua avventura, il suo progetto, il suo spazio. Non è forse vero che l’alpinismo e tutte le sue forme sono fantasia, evasione, ricerca di libertà? Allo stesso tempo però è indispensabile redigere e condividere un progetto serio per la manutenzione e il restauro di ciò che esiste.

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Un elemento mi pare scontato, ma così purtroppo non è: sia sul nuovo che sul vecchio, le chiodature vanno operate utilizzando i migliori materiali e le migliori tecniche a disposizione. Purtroppo nel 2025 mi trovo a vedere ancora aperture con utilizzo di materiali non consoni all’ambiente esterno e alla frequentazione pubblica: materiale zincato, fittoni mal infissi, materiale non omologato, soste artigianali o addirittura su un punto solo… Chiodare, restaurare, mettere le mani sulla roccia non è obbligatorio, se si affronta un lavoro del genere credo lo si debba fare con la massima cura e la massima cautela, e credo ciascuno prima di prendere in mano un trapano si debba fare un esame di coscienza per individuare il vero motivo che lo anima, in particolare per quanto riguarda le falesie e le vie plaisir, soprattutto se aperte dall’alto. Condanno inoltre l’anonimato di alcuni interventi, penso sia imprescindibile prendersi la responsabilità delle proprie azioni, in particolare se queste vanno a condizionare un bene comune come l’alpinismo e l’arrampicata. Anche, o forse soprattutto, se si è convinti di fare del bene.

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Tornando all’Orso Sacro, è una piccola falesia con una grande varietà, fessure facili e difficili, placche estremamente tecniche, muri verticali e strapiombanti. Anche sulle difficoltà c’è varietà, da un camino ingradabile a diverse fessure attorno al grado 5, tanti muri tra il 6c e il 7a+ ad un progetto in fase di chiodatura che probabilmente sforerà la soglia del grado 8. Un tiro molto bello è stato invece lasciato da scalare top rope, per non disturbare le vicine linee “clean”: ad ora non me la sono sentita di chiodarlo.
L’invito è sempre lo stesso, divertirsi nel rispetto degli altri e dei luoghi. L’infrastruttura è stata messa a disposizione di tutti, facendo il possibile per limitare i danni dovuti all’antropizzazione, a chi la frequenterà resta il compito di non lasciare troppe tracce del proprio passaggio. Grazie, buone scalate.

Filippo Ghilardini (INA - Scuola Gervasutti)

link alla relazione

p.s. La nuova parte sport della falesia verrà inaugurata sabato 15 Febbraio, di seguito la locandina.

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