Dopo un anno di fermo dall’ultimo corso TRAD, causa Covid-19, eccoci: finalmente riparte l’attività della Scuola Gervasutti.
Il corso di arrampicata TRAD al raduno “Valli di Lanzo in Verticale” nel vallone di Sea, è diventato un appuntamento fisso e con piacere ci si ritrova tutti nella minuscola piazza di Forno Alpi Graie per ripetere questa piccola avventura. I soliti ritardi, il solito appello, le solite dimenticanze, allievi e istruttori in questo se la giocano e in più si aggiunge la complicazione di dover compilare la modulistica prevista dal CNSASA per i corsi in tempi di COVID 19, ma l’organizzazione minuziosa di Tachi non fa una grinza e tutto procede perfettamente. Alla fine ci siamo; si parte con le comunicazioni di rito fatte dal buon Sergio che rammenta in poche parole il posto in cui siamo – perché un minimo di storia fa sempre bene, altrimenti sembriamo la gita sociale al parco giochi – la difficoltà del trad che ti può fregare anche se in falesia fai il 7c+, il materiale che ti serve per iniziare (nonché le pratiche per aprire un mutuo necessario a comprarlo!) e l’organizzazione di questi due giorni che saranno scansionati anche dal previsto temporale pomeridiano.
Tra pochi giorni, il 23 novembre, sarà un anno che Daniele Caneparo non è più con noi, il ricordo di Matteo Enrico.
Alle 20 inoltrate di un giorno di agosto 2003, in quella che passerà agli annali come una delle estati più calde di sempre, io, mio fratello ed altri due amici siamo beatamente seduti sulla terrazza del Rifugio Envers des Aiguilles. Improvvisamente vediamo arrivare un uomo ed una donna. Prima di giungere sulla terrazza, l’uomo si ferma nei pressi di un rubinetto dell’acqua, si spoglia completamente, mutande incluse, ed inizia a darsi una bella rinfrescata. Lo riconosciamo, è Daniele Caneparo. Ridiamo divertiti. Ci salutiamo e scambiamo due battute. Non lo conosciamo ancora bene, se non per averlo incrociato in falesia qualche volta anni addietro.
Daniele Caneparo era stato per qualche tempo istruttore nella nostra Scuola, ma il suo carattere schivo, libero e solitario male si accordava con le esigenze organizzative di un corso di alpinismo e presto se ne era allontanato. Per chi non lo ha conosciuto voglio lasciare un mio ricordo personale.
Daniele era un ragazzino di 10, 11 anni che, a metà degli anni '70, ti capitava di incrociare, calzoni corti e imbragatura, in giro con il padre tra le rocce della Sbarua o dei Denti di Cumiana. Allora erano rari i bambini che arrampicavano e i commenti di chi li vedeva erano acidi, ma poi si veniva a sapere che con lo stesso abbigliamento il padre lo portava anche a fare, slegato, la nord del Monviso. A 14, 15 anni aveva già salito da solo il couloir Couturier alla Aiguille Verte e il couloir Gervasutti al Mont Blanc du Tacul. Avevano parlato di lui anche i giornali, quando era stato bloccato con la forza da due accademici che un mattino d' inverno gli avevano impedito di uscire dal rifugio per avviarsi nella bufera verso la nord del Gran Paradiso. Era diventato un arrampicatore fortissimo che se ne andava a scalare in Verdon con gli amichetti di 14 anni; i suoi terreni di gioco preferiti erano però le fessure della valle dell' Orco e di Sea, come ci raccontano i suoi compagni di cordata del tempo e come ci ricordano le tante vie che aveva aperto, con uno spirito visionario e anticipatore dei tempi. E poi c' erano state anche le estati pazze a Chamonix, dove la madre lo aspettava in pena, mentre lui si dedicava a solitarie molto impegnative, una per tutte sul Pilone Centrale del Freney. Io ho iniziato a frequentarlo più tardi, quando ormai arrampicava poco; mi aveva confessato che la sua testa gli suggeriva cose che il suo corpo non gli permetteva più di fare. Avvenne in modo casuale: con amici comuni eravamo nel vallone di Sea per esplorare con le pelli una gitarella invernale, che però mi sembrava troppo scontata. Me ne partii d' impulso in un' altra direzione abbandonando il gruppo e quando mi voltai c' era solo Daniele a condividere la mia scelta improvvisa. Quel giorno, non so come, mi ritrovai in punta alla Ciamarella. Avevamo lo stesso gusto per l' esplorazione e con lui riuscii a concretizzare tante idee nelle Valli di Lanzo, per le quali non avevo mai trovato dei soci motivati. Daniele invece amava la bassa Val d' Aosta e i suoi valloni più sperduti e selvaggi, tra Scalaro e Saint Marcel, che andavamo a esplorare meticolosamente, inanellando bellissimi giri e ravanate tremende. Era molto orgoglioso di queste sue scoperte e non gli sarebbe spiaciuto raccoglierle in un libro di itinerari sciistici. Anche la bassa Valpelline lo affascinava e in una delle tante esplorazioni capitammo su una cima dal nome impronunciabile, dove staccammo una valanga. Io rimasi aggrappato alle rocce della vetta, mentre Daniele fu trascinato a valle per dei saltini di roccia, finché non si piantò nella neve, mentre la valanga proseguiva la sua corsa. Aveva dolori al basso ventre, temeva di morire e avevamo duemila metri di discesa da affrontare. Risolvemmo la situazione scendendo per la massima pendenza, io con i suoi sci sul sacco e lui coricato a pancia in giù sulle mie code, saldamente afferrato alle mie gambe. Quella volta mi chiese scusa per i rischi che aveva fatto correre ad un padre di famiglia. D' estate ci frequentavamo poco: lui aveva i suoi giri in bici, io preferivo l' alta montagna e tuttavia qualche salita insieme la facevamo ancora, andando a cercare pareti sconosciute in cima a valloni sperduti, a molte ore dal fondo valle o magari esplorando improbabili itinerari, che progettavamo di percorrere poi con le pelli nel momento più propizio. Con il ritorno della neve tornavamo a sentirci per nuove avventure a un ritmo forsennato; poi venne lo sci ripido e anche io ne fui coinvolto, benchè non nelle discese più impegnative. Pur non disdegnando gli itinerari più classici e appaganti, sempre lo spingeva la molla della ricerca estetica per i percorsi insoliti, lontani dalla folla. Negli ultimi tempi aveva ideato una nuova attività: con un canotto gonfiabile sulle spalle raggiungeva qualche sperduto laghetto alpino, per poi circumnavigarlo o raggiungerne un isolotto, dove fermarsi a prendere il sole. Un modo come un altro, mi spiegava, per cercare di appropriarsi del paesaggio alpino. Era un entusiasta, sia per la montagna che per il suo lavoro: era medico neurologo e spesso nei viaggi in macchina si dilungava a raccontare vicende e casi curiosi che riguardavano i suoi pazienti e a spiegarci con parole semplici i complessi meccanismi della mente umana.
Daniele se ne è partito con le pelli in un giorno di novembre, sotto una enorme nevicata, sui facili pendii della Cimetta Rossa, sopra Champorcher e non è più tornato. Le ricerche del Soccorso Alpino sono state imponenti e con il disgelo sono riprese intensamente, finché un escursionista non ha visto spuntare uno sci dall' ultima neve.
Ugo, a suo tempo, mi aveva anticipato che stava scrivendo un libro sulla vita di sua figlia morta tragicamente nel 2017. Concordammo che, una volta che il libro fosse stato edito, avremmo organizzato una serata di presentazione presso la Sala degli Stemmi al Monte dei Cappuccini. Purtroppo gli eventi collegati alle restrizioni imposte dal Covid 19 hanno impedito di organizzare l’evento. Ora che è imminente l’uscita di: ”Claudia una vita di corsa” nelle librerie, d’intesa con Ugo, ne pubblichiamo la presentazione sul nostro sito. Claudio Battezzati
Claudia non c’è più! Tutto di lei è così vivo in me: la sua vita, i sui sentimenti, le sue opere. Anche la mia vita sta avviandosi al termine. Dopo di me, di Claudia resterà solo qualche ricordo tra gli amici e i conoscenti che hanno condiviso cose con lei e che l’hanno apprezzata. Questo non mi basta, mia figlia è stata una grande lettrice ed una grande studiosa; si è immersa con passione insaziabile nelle opere di scrittori, poeti, commediografi, musicisti e saggisti. Pareva che il tempo dovesse sfuggirle, non c’era pausa tra le sue attività che non venisse riempita con un libro in mano o con gli auricolari ad ascoltare i più svariati generi musicali. Desidero perciò che qualche cosa di lei rimanga: in un libro, forma di comunicazione che lei tanto apprezzava. La sua vita è stata frenetica, sempre contesa tra sport, studio, lavoro ed altre attività che man mano destavano il suo interesse. Questa ansia da impegno non le ha comunque impedito di soffermarsi ad esprimere i suoi sentimenti, le sue speranze, le sue delusioni ed amarezze attraverso racconti, poesie, disegni e fotografie, ritagliandosi in qualche modo spazi di tempo tra le molteplici attività. Non voglio che tutto questo vada perso, così mi sono impegnato in quest’opera perché chi lo desidera possa leggere e visionare le sue opere e scorrere un po’ di storia di questa vita che, con tutte le sue incertezze e contraddizioni, forse valeva la pena di essere vissuta. Ho sempre pensato che le grandi avventure, siano esse fisiche o intellettuali, non vadano solo vissute ma anche raccontate e condivise. Così ho trovato piacere nel raccontare le mie avventure di tante e difficili scalate alpine, cosa che mi è costata fatica a causa la mia scarsa propensione letteraria.
Spero che l’avventura della vita di Claudia possa stimolare interesse e sentimenti in chi la leggerà.
Mercoledì 12 febbraio, h 21, presso la Sala degli Stemmi al Centro Incontri del Monte dei Cappuccini
La Scuola Nazionale di Alpinismo G. Gervasutti del CAI Torino presenta la serata a ingresso gratuito: Free Way con Ezio Marlier.
Ezio è nato e cresciuto in Valle d'Aosta, è guida alpina, atleta ed alpinista. Maestro della piolet traction d'occidente, una confidenza con il ghiaccio che si può paragonare a quella che ci può essere tra due fratelli, tra padre e figlio.
Si chiama controllo di ogni situazione? Talento? Un passato come alpinista completo, aiutato da diverse vie nuove di roccia nel Gran Paradiso (Granta Parey, Becca di Monciair), arrampicata sportiva a ottimi livelli e tante scorrazzate e nuove vie nel massiccio del Monte Bianco.