Thunder - Parete Perduta, Valle Orco
Settembre 2016
Era uno di quei giorni di fine estate in cui, archiviati i progetti estivi, ci si dovrebbe riposare, uno di quei giorni in cui si vuole stare serenamente da soli in montagna. Vista la bella giornata decisi di andare a camminare in Valle Orco alla Bocchetta Fioria per vedere la familiare valle da una nuova prospettiva. Arrivato alla bocchetta mi si aprì alla vista un vallone selvaggio pieno di roccia con una parete che spiccava rispetto alle altre, la fotografai accuratamente e la misi nella to-do-list già rassegnato ad andarci tra chissà quanto tempo.
Luglio 2017
Finiti tutti gli esami all’università sono finalmente in vacanza, scopro che in Valle Orco c’è un mio amico belga di nome Lucas che studia e vive a Torino ed è a scalare con dei suoi amici venuti in vacanza in Italia.
Decidiamo subito di andare ad arrampicare insieme e dopo aver salito alcune belle vie al Sergent, classiche e non, (tra cui una nuova via: Spitcoin) decido, senza troppe speranze, di proporgli il mio progetto per il quale non riuscivo a trovare nessuno a causa della lontananza della parete. I belgi avendo poche falesie sono costretti ogni volta a fare grandi spostamenti per scalare, sono quindi abituati a far qualche sacrificio e per fortuna una parete con qualche ora di avvicinamento non li spaventa per niente. In più la possibilità di scalare su roccia vergine, in Belgio praticamente inesistente, li entusiasma non poco. Scegliamo di salire con le tende e cibo per tre/quattro giorni: uno stile “pesante” ma che ci consentirà di scalare molto! In totale siamo in quattro: io, Lucas e due suoi amici che non conosco, Baptiste e François. Quando ci troviamo per preparare gli zaini scopro che quest’ultimo fa molte gare di trail running e allora per scherzare gli dico: “Perfetto allora diamo tutto il materiale a te!”, lui non cogliendo l’ironia prende veramente tutto il materiale da scalata (4 serie di friend, due martelli, una ventina chiodi e molto altro) col risultato che a malapena riesco a sollevare il suo zaino. Partiamo e François arriva alla Bocchetta Fioria circa un’ora prima di noi, che treno! Da qui l’avvicinamento è tutto da inventare e dopo avere attraversato cespugli di mirtilli alti mezzo metro e risalito un paio di canalini erbosi troviamo un bel posto per le tende alla base della parete. Vista da sotto sembra veramente alta e siamo un po’ intimoriti, cerchiamo di studiare bene le foto fatte ma non capiamo molto, quindi anche se sono già le cinque del pomeriggio scegliamo di iniziare a scalare i primi tiri sullo zoccolo più che altro per tranquillizzarci per l’indomani. Facciamo due cordate (io con Baptiste e Lucas con François) e attacchiamo due linee diverse, la temperatura è perfetta, io e Baptiste iniziamo in un bel diedro che termina in alto con una larga fessura orizzontale, mi immagino già un bell’incastro di pugno e prendo qualche friend doppio invece quando arrivo su scopro che è un camino, che fregatura! Entriamo dentro per un breve pezzo e sbuchiamo già sulla prima cengia. Fissiamo una corda e scendiamo a terra, nel frattempo l’altra cordata decide di andare con altri due tiri alla seconda cengia lasciando un’altra fissa per l’indomani. Scendiamo alle tende per mangiare e scopro con piacere che sarà difficile patire la fame, la gestione del cibo spettava ai belgi e tra barattoli di nutella, marmellata, biscotti e pasta hanno portato veramente tanta roba!
Il giorno dopo il tempo è molto nuvoloso e prevedono temporali ma siamo troppo motivati per non scalare, in poco tempo risaliamo le fisse e ci ritroviamo a tu per tu con la “head wall” la parte più centrale e ripida della parete, individuiamo due linee e la nostra ci riserva qualche piccola sorpresa quando finisce una fessura e dobbiamo fare un bel traverso in placca col friend abbastanza sotto i piedi. Riusciamo a salire la parte più ripida e approdiamo ad una cengia da cui parte ancora l’ultimo muro terminale solcato da bellissime fessure, saliamo e all’ultima sosta inizia a piovere, ci manca solo più un tiro quindi spingiamo sull’acceleratore e arriviamo in cima con un bel temporale: e io che volevo godermi il panorama! La pioggia lascia il posto alla grandine e qualche tuono ci suggerisce di sbrigarci, da qui inizia forse la parte più difficile: la discesa tutta da attrezzare a chiodi. Iniziamo le doppie bagnati fradici, le facili cenge su cui eravamo passati slegati ora devono essere percorse a tiri ma grazie a un ottimo lavoro di squadra fila tutto liscio e dopo qualche ora siamo alle tende stanchi ma felici. Al tramonto fa capolino il sole che non si è visto per tutto il giorno e il giorno dopo il tempo è bello ma noi siamo contenti così e scendiamo a valle soddisfatti e appagati.
In conclusione la via non sarà la più bella o la più difficile ma noi abbiamo vissuto una bella avventura in un vallone sconosciuto e isolato immersi nella natura selvaggia, questo ci è bastato per tornare arricchiti di esperienze umane. Consiglio la lettura di uno dei miei articoli preferiti: “L’ultima avventura” di Gian Piero Motti, che descrive benissimo lo spirito con cui siamo partiti.
Fabio Ventre