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La valle dei Corbezzoli

Questa storia comincia dalla fine e cioè da quando, resisi conto che i piedi non avrebbero resistito un altro giorno nelle scarpette, abbiamo deciso, in attesa di riprendere il traghetto per casa, di farci un giro in macchina per vedere nuovi posti arrampicatori
Ed ecco la strada che porta a Cala Luna, sulla statale 125 da Baunei a Dorgali.
Ci ero passato davanti un mucchio di volte con l’intima convinzione che, prima o poi, sarei sceso per andare a vedere.
Di tempo ne abbiamo: sono le 11 di mattina. La nave partirà solo in tarda serata. Giro a destra e mi infilo nella stradina. Mi ci vogliono tre o quattro minuti per arrivare a una sosta dove decine di alberi di corbezzolo espongono i loro frutti formando miriade di puntini rossi. L’immagine rievoca il mio ultimo viaggio fatto con la Princi: è da allora che non li mangio.

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Il Diretur scende con passo veloce e, sebbene sia azzoppato a causa di enormi vesciche che hanno “invaso” entrambi i piedi, si arrampica come un babbuino sul primo albero e, prima di cacciarsi una manciata di frutti in bocca, mi grida
<sei sicuro che si mangino?>
<mangia solo quelli rosso scuro e non ti preoccupare… male che vada, abbiamo il cesso in cabina>
Ed è così termina il nostro secondo pellegrinaggio dell’anno in Sardegna: attaccati a mangiare corbezzolo, come capre insaziabili!
E’ il momento del ricordo…Riavvolgiamo il nastro.
Il viaggio inizia a Livorno dove abbiamo la nostra trattoria che ci aspetta. Arriviamo per l’apertura, la signora Marta ci riconosce e sa che abbiamo un’ora per mangiare. Soliti convenevoli ma questa volta mi allargo troppo e faccio male: per tutta la cena, invece di Lei, ci serve un cameriere che porta scritto in fronte “io sono il marito”.
Un ultimo bis di cacciucco e schizziamo in direzione della Darsena di imbarco.

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Alla faccia della bassa stagione!!.... l’ingresso nella pancia della motonave è la solita bolgia di macchine, Camper e moto. L’unica differenza è che siamo tra i pochi ad avere la targa italiana, tutti gli altri battono bandiera CH e D
Sbarchiamo ad Olbia con il solito ritardo, oramai diventato “orario ufficiale”.
Prima di chiedere al navigatore la rotta per la nostra destinazione a Lotzorai, decidiamo di effettuare una deviazione a Cala Gonone, per fare, alla Scogliera di Biddiriscottai, la prima via che ha trovato il Diretur, smanettando tra i vari siti e beccandone uno francese, che annunciava la ri-attrezzatura, con materiale al titanio, della via “Vittorio Titane” alla grotta dei Colombi.
Dopo 35/40 minuti di passeggiata turistica vista mare, sulla carrareccia di Biddiriscottai, troviamo l’indicazione della prima doppia e ci caliamo su bei resinati piazzati con maestria.
Durante la discesa in doppia guardo l’orizzonte. Mare e ancora mare.

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Ripenso alle ultime cose lette sul popolo sardo che io pensavo restio a navigare ma così non è. Il vento e i commercianti sardi hanno, migliaia di anni fa, attraversato il Mediterraneo per scambiare l’ossidiana in Francia.
Segno del loro passaggio sono stati i bronzetti di navicelle nuragiche rinvenuti in Etruria e nella Magna Grecia, le stoviglie nuragiche a Cipro, l’argento sardo nella Città di Re Salomone nel Mediterraneo Orientale. Persino nella pietra egiziana di Ramses II sono immortalati i soldati dell’antica Sardegna, chiamati soldati “Shardana”, con i loro elmi cornuti e i loro scudi rotondi che rappresentano uno dei Popoli del Mare.

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Mi sento inorgoglito del fatto che la mia stirpe abbia compiuto queste imprese marinare e non sia solo trincerata nei nuraghi interni, come la storia scolastica ci racconta: “perché dal mare arrivavano i pericoli e così il popolo sardo preferì rifugiarsi nell’entroterra”.
Mentre arrivo all’ultima sosta mi sorprendo a sorridere. Un ricordo rimbalza nella mente: Alba, Piemonte, prima elementare, la maestra Ambrogio – allora antesignana del metodo Montessori – mi presenta alla classe:
“Vi presento un vostro nuovo compagno… è sardo! Viene da un posto dove fanno brutte cose perché rapiscono le persone per farsi dare dei soldi dalle famiglie, ma è anche una terra che ha regalato il primo premio Nobel della letteratura a una donna – Grazia Deledda – e poi…e poi….e poi….. e poi basta!

Sul primo tiro della via bisogna scovare i resinati al titanio, dietro un poco di verdura, poi la via si insinua nelle parti deboli della parete, cercando di evitare anche il “rotto” che ogni tanto fa capolino sul tiro e andando a prendere dei lunghi traversi da destra verso sinistra nella parte iniziale e poi viceversa.
Arriviamo all’ultimo tiro non proprio entusiasti per una via che non può competere con “L’Alchimista” del pellegrinaggio precedente, però la chiodatura è fatta a regola d’arte e la roccia è pur sempre il calcare di Biddiriscottai.
Il mattino dopo il viaggio dalla nostra base a Lotzorai è breve. Il parcheggio di Pedra Longa è già imballato di macchine, camper e fuoristrada della cooperativa; chi aspetta, in coda, di attaccare una via sulle pareti a picco sul mare, chi si affretta ad affardellare il proprio zaino per partire sulle tracce del “Selvaggio Blu”.

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Ce la prendiamo comoda: del resto, non potrebbe essere diversamente visto che la via che andremo a fare si chiama “Luna di Miele”! anche se la mia prima ed unica luna di miele l’ho passata in un letto di ospedale (mai sottovalutare i segni del destino!)
L’autore della via è il nostro idolo ceko (Jan Kares), campione al mondo di trazioni sulla sbarra e sicuramente magnate di qualche attività molto redditizia, visto il materiale che usa per attrezzare le sue vie.
La giornata è da cartolina: mare calmo, temperatura primaverile, nuvole che si muovono lente da nord a sud. La punta di Pedra Longa è illuminata dal sole. Ci siamo solo noi sulla via…cosa volere di più? A pensar bene… un desiderio lo avrei: che il Diretur si trasformasse nella dolcissima Pedra Maria Consuelo, che, nonostante il nome spagnoleggiante, è una bella svizzerotta di lingua italiana, conosciuta sulla nave la sera prima! Una conoscenza fortuita quella di Pedra Maria Consuelo - per comodità Maria - che si avvicina mentre sfoglio la “bibbia Ovigliana”. Simpatica e brava la Maria: apprendo che è un’ottima sci alpinista e climber da 7°. Simpatica ma ammogliata, aimè, con il maritino colpito da attacchi di labirintite, che si contorce, con aria spenta e rassegnata, dentro un sacco a pelo, a poca distanza dove noi ce la contiamo disinvolti. Cinquant’anni portati come una quarantenne, con una parlantina che incanta e fa venire voglia di iniziare una vita da frontaliero solo per le belle frequentazioni che si prospetterebbero da quelle parti e poi Maria lavora in banca. Una “bancaria svizzera” vestita Mammut da testa ai piedi che dorme nel sacco a pelo??? Alla fine le chiedo se avevano finito i soldi per dormire in cabina e lei mi guarda divertita rispondendomi sotto voce:
<<in vacanza ci piace fare i “figli dei fiori”>>
Al mattino dopo ci salutiamo sulla banchina. Mi stringe forte, più da italiana che da svizzera, e mi rammenta di mandargli le foto del nostro tour.
<< Certo>>
le rispondo e già penso a come organizzare un giro dalle sue parti.

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Poi la vedo salire su un camper a trazione integrale, grande come non ne ho mai visti, con tutti gli accessori possibili ed immaginabili, comprese due bici elettriche che valgono un patrimonio.
E si, il “figlio dei fiori” lo farei anche io con la Maria!
Ma proprio mentre salgo in macchina per partire mi rendo conto di non averle mai chiesto il numero di cellulare! …Addio gita in Svizzera!
In lontananza, sul mare piatto, si intravedono decine di scie bianche di gommoni e barchette che fanno la spola tra i porticcioli della costa e le “spiagge – paradiso” del Golfo di Orosei.
Oramai non esiste più un mese o una stagione che non porti migliaia di turisti e visitatori in questa terra magica, cannibalizzata in ogni zona.
Che ne sarà di questo scrigno di rara bellezza? Sapranno i miei conterranei mettere dei limiti a questo uso indiscriminato del territorio o saranno vittime consapevoli del disastro che accade già in altre parti di Ichnusa????
Ci sarà qualcuno che avrà la lungimiranza di Eleonora di Alborea, giudicessa del 1300 capace di emanare una Carta Costituzionale (Carta de Logu) che, nei suoi 198 articoli che la compongono, dava disposizioni sull’agricoltura, sulla gestione della rotazione dei pascoli, sulla difesa dagli incendi e su come preservare il territorio per il futuro.

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Oggi Donna Eleonora sarebbe una influencer capace di raccogliere milioni follower per la sua causa.
Penso (posso solo pensarlo!) che sia necessario lavorare non per ottenere un’identità separatista capace solo di lamentarsi ma esigere rispetto per una storia che non può essere solo scritta da chi in Sardegna ci viene ma non ci vive!
Non c’è bisogno dell’ennesimo polo petrolchimico, di decine, centinaia di parchi eolici, di turismo selvaggio o elittario. Occorre costruire un Rinascimento che non precluda nulla ma che, allo stesso tempo, sia rispettoso di una terra e di un popolo che hanno dato tanto e ricevuto poco quasi come fosse un’elemosina, che ha fatto da contorno ad un assistenzialismo disarmante e sgretolante per la comunità stessa.
Si è ancora in tempo… si è sempre in tempo per guardarsi intorno e creare un modello di sviluppo che rispetti territorio e storia, coniugando reali opportunità di lavoro e una rete di servizi in grado di fermare l’emigrazione di giovani senza opportunità e senza speranze.
Salgo con queste idee che mi frullano in testa, salgo pensieroso ma poi l’arrampicata mi riporta con i piedi per terra, anzi sul calcare!!!
Come sempre la roccia è all’altezza della sua fama, mi concentro su questa e sul fatto che gli spit sono distanti. Quando hai brutti pensieri l’unica è andare lungo: non so come dimostrarlo scientificamente ma quando “strizzi” si genera un’azione neuro-chimica che permette al cervello di privilegiare gli istinti autoconservativi e lasciare scorrere il resto.

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Arriviamo all’ultima sosta. Le doppie scivolano veloci e senza problemi, nonostante non ci avessi scommesso neanche una birra. All’imbrunire siamo alla macchina. Questa seconda “Luna di Miele” è andata decisamente molto, molto, meglio della prima.
Domattina si andrà alla Punta Giradili con l’obiettivo di una via datata e poco ripetuta (almeno a vedere gulliver).
Il giorno arriva: un viaggio tranquillo ci porta all’ovile Us Piggius, dove incontriamo uno dei proprietari. Ne approfitto per regalargli una bottiglia del nostro vino “Le Ballerine” che gli avevo promesso questa primavera. Fare la cengia al mattino presto è uno spettacolo unico: all’orizzonte il sole si sta alzando e un mare piatto e dai colori caldi fa da palcoscenico con a lato le solite pareti e, in lontananza, lo scampanellio delle capre.
Siamo all’attacco della via “Ai tempi Andati”, un bel primo tiro con roccia da urlo è la premessa che sarà una bella via, mentre la chiodatura parsimoniosa ci conferma che anche oggi saremo un tantino “stitici”….
I prime tre tiri sono partoriti su una roccia orgiastica, la chiodatura è alpina ma l’aderenza perfetta, anche a non volerlo i piedi stanno su e le dita sono perfette per le gocce e per la rugosità della parete.
Al quarto tiro la musica cambia, la roccia comincia ad essere avara di appigli e non regala nulla, il tiro di 6b (che in libera è almeno un grado in più) viene un “pochino” munto, ma con classe e con una litania di imprecazioni che sicuramente non porteranno bene agli apritori, che comunque sono stati ben bravi a trovare questa linea.

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Per fortuna i tiri successivi chiedono meno avambracci e così terminiamo la via tutti goduti di essere arrivati alla cengia mediana di Punta Giradili, cengia che sarà l’obiettivo intermedio della nostra prossima via.
L’indomani ci salva una bella giornata di pioggia, così da fare un giro a Santa Maria Navarrese e nei caseifici della zona per rimettere a posto la cambusa.
E siamo a mercoledì, partenza all’alba, ci aspettano 16 tiri, 550 m di sviluppo e un rientro a piedi che non so se faremo ancora con la luce del sole (meglio portarsi anche la frontale).
Arriviamo al parcheggio che è ancora buio e vediamo due furgoni e una macchina, climber che hanno dormito li e che si stanno svegliando, producendo i tipici rumori di maschi al pascolo. Non ci curiamo di questa beata gioventù e, svelti, svelti, ci infiliamo nell’ovile per andare a prendere la cengia.
Stamattina ci illumina a mala pena la luce dell’alba: il sole non ha ancora passato la prima linea dell’orizzonte ma fa sentire la sua luce sul sentiero di rocce bianche.
Siamo all’attacco, la scritta “Crisalis” e una serie di spit in alto, ci confermano che siamo sulla nostra via.

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Mentre recupero il Diretur alla prima sosta, arriva un’altra cordata; ci vedono, ci salutano con la mano e, per fortuna, aspettano che il mio compagno di avventura sia partito per il secondo tiro.
Mentre sto assicurando, arriva il primo della seconda cordata, che “primo” non è ma è una bella ed avvenente “prima”: mi saluta con un bel sorriso, di quelli che ti mettono dell’umore giusto.
Faccio spazio sulla cengia che così possa assicurarsi sotto di me e non ci sia casino quando dovrò partire. Si presenta, mi presento: viene da Bergamo e mi fa capire che anche la sua seconda di cordata è una donna, anzi è la sua fidanzata.
Non faccio una piega.
<<Bello, allora domani andate a fare la via che abbiamo fatto qualche giorno fa: “Luna di Miele”, si addice alla situazione>>
Finita la frase mi rendo conto che ho detto un’idiozia, anzi proprio una stronzata, tipico di chi vuole fare tanto il moderno ma poi esce con queste battute da primitivo attempato.
Lei, invece, è perfetta nella risposta:
<<Ma dai? che bella idea!!!, ci andiamo di sicuro, magari sarà la volta buona che ci decidiamo a fare il grande passo e ne parliamo anche ai nostri fidanzati, siamo stufe di fare le carbonare>>
…Sorrido e, con indifferenza, comincio a salire il secondo tiro.
Porca puzzola!!!….sono fidanzate e hanno i fidanzati….nulla in confronto a “beautiful”.
Già me la immagino la scena delle due che invitano i loro fidanzati a mangiare una pizza e fanno coming out!!!
Che faccia faranno? Finiranno di mangiare la pizza??? ….Di sicuro pagheranno alla romana!!!
Raggiungo il Diretur con ho un sorriso idiota stampato in faccia, dicendogli che dietro abbiamo due bergamasche toste.
<<muratori???>>
<<no, no, tranquillo quelle di muratori non hanno nulla!!!>>
Non capisce una mazza ovviamente, finchè non vede apparire, da sotto i miei piedi, il bel visino della seconda ragazza.
Anche qui presentazioni di rito ma la fanciulla, a differenza della sua fidanzata, è cupa e poco incline alla chiacchiera. Parto veloce.. voglio avere il tempo di preparare la sosta per fermarmi con Solaris (così la chiamerò per il resto della salita).

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Arrivo alla sosta, recupero il Diretur e, dietro di lui, intravedo Solaris. Il tiro non è impegnativo e arrivano quasi contemporaneamente.
La sosta è comoda, mentre il socio parte per il suo tiro, Solaris mi guarda.
<< Di la verità? Non te lo aspettavi che avevamo il fidanzato???>>
<< E no, però, se non sono indiscreto, mi farebbe piacere capire cosa ti ha fatto decidere per una parte o per l’altra?>>
<< Si, sei indiscreto, non ci conosciamo se non da un’oretta e, pertanto, non penso che ci siano le condizioni di parlare di una cosa molto importante per me, per noi, e molto strana per te …non fare il furbetto, ti ho visto prima con il sorriso stampato sulla faccia. Ci sta, non te ne faccio una colpa, se stavo zitta era meglio, ma mi è venuta e basta>>
<< Va bhe sorridevo per imbarazzo, non sembra ma sono pur sempre un boomer >>
Ride.
<< Allora boomer ti do la risposta e poi la piantiamo li di parlarne>>
<< Ho scelto, abbiamo scelto, per amore, perché alla fine è quello che fa la differenza. Non posso dire che non vada d’accordo con il mio fidanzato, gli voglio anche bene, ma con Lunatic (così me la sono “battezzata”!), è un’altra cosa. Tutto è perfetto a cominciare dalle giornate insieme, gli sms al mattino appena sveglie o alla sera, dalle passeggiate in centro, o fare la spesa al supermercato, persino le litigate ci vengono bene! tutto è al massimo e non c’è giorno che non ringrazi di averla incontrata sulla mia strada. Non sapevo che potevo amare una donna, l’ho scoperto poco per volta, giorno dopo giorno. E’ successo… punto.>>
Il Diretur continua a fischiare e tirare le corde, smonto tutto di corsa e scappo via come un ladro e con la voglia di chiederle almeno 2/3 cosette.
Solaris forse lo intuisce e, mentre posso ancora sentire, mi redarguisce benevolmente:
<< E con questo basta, alla prossima sosta parliamo di montagna>>
<< Ok, Ok… va bene !!>>
Gli grido quando sono quasi arrivato al terzo spit.
Difatti sarà così.

IMG 9693Parliamo di montagna e di tanto altro, ma non tocchiamo più l’argomento “fidanzate”. Un poco ci rimango male. Solaris è la tipa che si vorrebbe incontrare almeno una volta nella vita. Una persona che sceglie non in base alle convenzioni o agli stereotipi ma al cuore. Non posso negare che rimango affascinato da questa storia e, soprattutto, da Solaris.
La via scorre velocemente per essere due cordate che si inseguono. Anche se potevano superarci non lo fanno, stanno tranquille a contarsela anche loro come facciamo il mio socio ed io.
Arriviamo alla grande cengia e cerchiamo l’attacco della seconda parte della via. Il Diretur è davanti e lo becca al secondo tentativo e comincia a salire, di sotto, questa volta in tre, continuiamo a scambiarci battute e notizie sulle vie da fare nei prossimi giorni e di quelle fatte che ci consigliamo vicendevolmente.
Arriviamo in cresta. Il sole è ancora alto. In sette ore abbiamo chiuso la partita e pertanto abbiamo tempo per guardarci intorno. Solaris e Lunatic sono già pronte: nessuna foto insieme che loro sono ancora carbonare e FB è una “puttana” di cui non fidarsi mai.
Ci salutiamo, stringendoci la mano.
Quando la stringo a Solaris, ci guardiamo per un paio di secondi negli occhi.
<< Buone cose>>
Non riesco a dirle altro, anche se ne avrei avuto voglia; lei si gira e raggiunge Lunatic, cominciano a camminare sulla cresta alla ricerca degli ometti.
Mi rivolgo al Diretur.
<< sa facciamoci sto selfi che poi te ne racconto una>>.

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Urzulei, Punta Coccuttos un posto nuovo ma subito affascinante.
Una strada bianca, lunghissima, ci porta all’ovile indicato dalla relazione (Genna Croce). Scendiamo e cominciamo a camminare su un sentiero sino ad incontrare un tasso secolare e maestoso. Continuando a camminare incontriamo il cuile Pitt e Rutta, poi si scende uno “scalone “ di roccia e ginepri che portano a una cengia.
Una cengia larga ma in alcuni punti esposta che bisogna attraversare con attenzione.
Siamo alla ricerca dell’attacco della via “Cuore di Coniglio”.
Pensiamo di averla trovata e cominciamo a prepararci. Inizio io, come da tradizione, ma poi dove aver piazzato un friend non vedo che una placca senza ombra di protezione, vado ancora su e la intravedo a 10 metri, poi guardo sotto e ad altri 3 – 4 metri vedo il friend.
Stamattina avrò mangiato troppo, poi quasi due ore di guida rallystica, il raffreddore al suo culmine (potrei continuare, le scuse non mancano), lascio il posto al Diretur più scavato e, soprattutto, meno coniglio.
Il socio sale,…. sale,…… sale…. e che cazzo ma quanto sale???
<< trovato!.... bello lungo ma si va, tieni corto che vedo gli altri.>>
<Che corto??? Manco ti vedo?? Se voli devo buttarmi giù dalla cengia per riuscire a fermarti a 20 metri dall’ultima protezione>
Così è ma, dopo 20 minuti di ansia, sento
<< sosta, molla tutto>>
Arrivo alla sosta che ho i piedi che fumano e questa volta tocca a me, non posso fare di nuovo il coniglio!!!
Qui almeno gli spit si vedono, c’è tanta, tanta aria dall’uno all’altro ma almeno si vedono (vuoi mettere il benessere che dona tale vista??) e qualche ruga potrebbe ospitare i micro friend.
Parto e vado alla velocità di un bradipo post copulazione!!!
Ho perso la cognizione del tempo, ci metto un’eternità, ci metto anche tre friend, tutti buoni (così mi costringo a pensare per il morale!!!) e arrivo in sosta e respiro, respiro profondamente, molto profondamente!!
Il Diretur arriva e mi chiede con chi stavo parlando mentre salivo?
Miiii non mi sono accorto che parlavo ma, sicuramente, parlavo con Pibiri, sicuramente parlavo con lui,
Il meteo ha cambiato, comincia a piovigginare…perfetto sulle placche sarà il massimo!!
Ripartiamo.

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Il Diretur prova e riprova e poi prova dalla parte opposta, ma non si va da nessuna parte.
Decidiamo che ci torniamo il prossimo anno, anche perché abbiamo attaccato sulla cengia superiore e non quella inferiore, ma ci accorgiamo di questo quando ci caliamo dalla doppia.
Non siamo neanche incazzati, il luogo è talmente magico che la prossima volta ci torniamo ben volentieri e magari di vie ne facciamo due, così tanto per recuperare la giornata di oggi.
“Saratoga”…. accidenti se ce la ricordiamo la pubblicità del silicone Saratoga!!! ci ricordiamo anche la modella che si accartocciava nella doccia siliconata e, con fare ammiccante, ti faceva sognare, ci cantiamo anche il motivetto quando siamo al primo tiro, al secondo smettiamo di cantare!
Punta Su Mulone, parete che ci ha regalato altre vie di soddisfazione ma questa è bella tosta, anche la chiodatura risente che il nostro amico (sempre lo stimato Jan), forse era alle prime chiodature per altri che, diversamente da lui, non hanno l’8a nelle braccine!!!!
Comunque gran bei tiri, chiodati lunghi ma non come ieri, si va… con le orecchie dritte e i piedi che fumano ma quando stai per lanciare i peggiori epiteti al nostro ceko, ecco lo spit al posto giusto. Nulla da dire!!
Gli ultimi tiri ci regalano piacere puro!! Ogni tiro ha una particolarità ma un minimo comune denominatore: fa godere!!!
Sono talmente preso dall’arrampicata, che non vedo e salto una sosta, costringendomi a farne una a 5 punti sfruttando fessure, rami, radici e clessidre …che se mi vedessero alla Scuola mi fanno la foto di copertina al prossimo Corso Trad a Sea!!
Lasciamo perdere l’ultimo tiro di 4° e cominciamo a scendere con le doppie.

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Come al solito siamo gli ultimi a scendere dalla parete, ma non siamo lenti, ci piace arrivare sino in cima a differenza di altre cordate che sulle vie a fianco, fatti 3 – 4 tiri, hanno messo mano alle doppie.
Va bene tutto, il bello dell’arrampicata è che ognuno se la cucina come vuole. L’ importante è rispettarsi a vicenda e rispettare la montagna e le pareti, perché se non le rispettiamo noi che ci giochiamo sopra, come facciamo a pretenderlo dagli altri???
Nastro riavvolto, eccoci di nuovo a mangiare i corbezzoli.
Finita la scorpacciata, risaliamo in auto e scendiamo la strada.
Scendiamo, scendiamo e scendiamo ancora per la strada che non sembra mai avere fine.
Ai lati solo pareti di calcare bianco, diedri, placche muri e strapiombi, tutto l’abecedario dell’arrampicata, tutto veramente perfetto e, forse, intonso.
<< Diretur qui ci sta da chiodare per almeno i prossimi 20 anni…..che dici? Ci trasferiamo?>>
<< Dai, dai, gira la macchina, andiamo a prendere il traghetto!... ci pensiamo il prossimo anno>>

Gian Piero Porcheddu (GPP)
IS e GISM

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