‘Na Via c’an Pia. Ovvero ”Una Via Campia”
Questo articolo è apparso su Alpidoc, la rivista delle sezioni CAI del Cuneese.
E’ un omaggio al grande alpinista cuneese Matteo Campia, che aprì numerose vie, soprattutto sulle Alpi Marittime. Più modestamente io con altri otto amici abbiamo scalato la Cresta Nord-Ovest all’Asta Sottana, in uno degli angoli remoti delle Marittime. E questo è il racconto della salita.
‘Na Via c’an Pia
Ovvero ”Una Via Campia”
Tre cordate in contemporanea lungo una via decisamente fuori moda: la cresta nordovest dell’Asta Sottana. Un record di presenze per il quale è facile prevedere un lungo periodo d’imbattibilità.
Guarda e dimmi un po’, cos’è quella montagna, quella che si vede così alta e grande risalendo quella valle lì, sì la Valle Gesso. No, non la parte che va verso Entracque ma quella che sale alle Terme. Sì proprio prima di Sant’Anna, te la trovi davanti, così geometrica, triangolare ed anche imponente, non ti pare? Beh, certo che nel mondo di montagne più eleganti e prestigiose ce ne devono essere ma questa qui si difende mica male, neh! E poi guarda un po’ quella cresta, quella di destra, come sale slanciata. Chissà che roba salire su di lì, magari non si è ancora arrampicato nessuno. Ma cosa dici, è così evidente, penserai mica che qualcuno ce l’abbia lasciata per la nostra bella faccia. Anzi, mi sa che Campia ci abbia messo di sicuro lo zampino; quello si è cacciato su dappertutto da queste parti e una cosa così non se la sarà lasciata di certo sfuggire. Boh! In ogni caso andiamo a vedere di che si tratta.
Ma che ci fa tutta sta gente che sale su al Barbero, mica vorranno andare su per di là tutti quanti? Ma non vedi: hanno già sentito l’odore del sugo per gli spaghetti, e poi qualche pinta mi è parso di averla intravista fuoriuscire dagli zaini. A gozzovigliare mi sembrano ben preparati, ma ad arrampicarsi direi meno.
Certo che qui, col sole del tramonto su questo pratino si sta proprio bene, mica il caldo che c’è giù in pianura e nemmeno il freddo di tante volte in montagna. Guarda come sono curiosi questi teneri camosci, hanno mai visto tanta gente quassù in vita loro; sbirciano strani aggeggi: colapasta, corde, cavatappi, moschettoni e via dicendo.
Ora è buio, dài dormiamo, che domani ci tocca alzarci presto: la cresta sembra lunghetta e ci aspettano ottocento metrozzi di dislivello per arrivare all’attacco, per di più senza sentiero; ma che dici, non vedi questa traccia che sale verso il boschetto, chissà che non ci porti un po’ in alto. Va beh, adesso a nanna.
Che dormita ragazzi ed ora giù dalle brande! La colazione è pure abbondante, da grande albergo. Hai finito di scolarti questi otto litri di tè? Sbrighiamoci. Non ci si può neppure infrattare per i bisogni essenziali, che già vedi gli altri in alto, fuori dal boschetto e poi fuori dalla vista, che se non fosse per il ravanamento nella parte alta manco li acchiapperesti.
Certo che si sale in fretta. Bontà loro che si son fermati all’attacco. Però che posticino quassù! Guarda, guarda laggiù il Gandolfo com’è piccolo, e qui di lato il Dragonet e le Aste, che paretacce, che ambiente!
“La Nasta non basta, saliamo sull’Asta”. Ma stai un po’ zitto, sempre con queste rime imbecilli, che ci rovinano la colazione e già abbiamo ingrippato lo stomaco per il pensiero della salita. Va beh! Guardiamoci un po’ intorno, almeno ci si distoglie da questa “pessima” compagnia.
Quelle nuvolette sul Matto e più su verso Nord intristiscono un po’, però quella foschia laggiù in pianura promette bene. Mi sa che se fossimo andati sul Bianco a quest’ora saremmo già di ritorno con le pive nel sacco; invece qui, in qualche modo, a la rangiuma.
Certo che la cresta si alza subito ardita e sembra pure bella. Come ci leghiamo? Con la corda; adottiamo il 3x3, sale uno vengono su due. Tre cordate dunque. All’inizio siamo abbarbicati su di un muro, che grazie al muschietto, stempera un po’ le ilarità della comitiva. Più sopra poi c’è il passaggio chiave: diedrino, strapiombino, fessurina e oplà eccoci in cima al primo salto. Bello neh! Ormai la cresta ce la siamo barbata, solo più quattrocento metri, cosa vuoi che sia: terzo e non di più. Anche il secondo salto vola. Ma quelli davanti lassù perché non si muovono? Ormai dovremmo essere usciti dalle grandi difficoltà. Ehi attenti alle pietre! C’è mezzo metro di muschio qua sopra. I soliti esagerati. Venite su voi allora così vi divertite. Beh qui su ci si diverte un mondo: qualche blocco da usare con attenzione, del tipo con una mano lo tieni con l’altra ti attacchi, il tutto condito con una spannetta di muschio ed infine niun ciò; meno male che in un passaggino rognoso poco prima dell’uscita ci sta un bel nut. Ma non dovevamo aggirarlo sto salto? Dàidài è sempre una variante di pregio.
Al fin per facili rocce presto alla vetta, con croce regolamentare. Ce ne abbiamo messo di tempo: però, diavolo d’un Campia. Bello è bello quassù, se non fosse per quei disperati che si sono già catapultati nel canale e giù per pietrame fino al Costi. Qui si riordinano le idee: non si può certo dire di avere fatto una classica; un’incomparabile cavalcata di cresta questo sì, per di più in uno degli angoli più solitari delle Marittime: riscoperta di storici itinerari. Tutto sommato fa curriculum.
Ed ora dopo il commento sulla salita a questa cresta, ripetuta per l’occasione da nove figuri (pare record assoluto di presenze), non resta altro che andarci. Si deve comunque ricordare che questo itinerario è consigliabile agli estimatori della montagna, intesa come piacere della scoperta e degli ambienti aspri e solitari, lontano dalle montagne alla moda. La roccia ancorchè sia definita come “ottima” sulla guida Monti d’Italia e su altre guide, deve essere in realtà valutata con le opportune cautele, anche per la presenza del muschio in alcuni tratti.
Breve nota tecnica
Asta Sottana 2903 m
Cresta Nord Ovest
Sviluppo: 550 m
Difficoltà: D - III/IV/IV+ con passi di V
Primi salitori: M. Campia, N. Gandolfo, L. Giuliano, R. Nervo, il 13 luglio 1952
Tempi: 1,15 ore al Rif. Barbero; 1,30-2 ore dal rifugio all’attacco; 5-6 ore per la via; 3-4 ore per la discesa fino a fondovalle (1800 m di dislivello).