Dal Monviso al Changabang. Introduzione al nuovo libro di Ugo Manera
PER NON DIMENTICARE …..
Anno 2014, quell’enciclopedia vivente di Alpinismo e Montagna, che risponde al nome di Alessandro Gogna, crea il suo blog.
Anno 2016, inizia la mia collaborazione in quella importante iniziativa: quell’anno un grande personaggio dell’alpinismo, Gian Carlo Grassi, avrebbe compiuto 70 anni e, per ricordare l’amico scomparso sono andato a cercare quanto avevo scritto su di lui e l’ho proposto ad Alessandro; il pezzo è piaciuto ed è iniziata la mia collaborazione con il Gogna Blog.
Sono andato a ricercare articoli antichi che avevo pubblicato su bollettini, riviste, annuari; ad iniziare dal primo, apparso sul bollettino dell’anno 1959 della Sottosezione GEAT del CAI Torino. Quanti ne ho trovati! Non mi ricordavo di averne scritti così tanti e molti li avevo completamente dimenticati. Si è destato il mio interesse ed ho iniziato un’operazione un po’ pazza: riscriverli in word battendo con due dita sulla tastiera del computer (non so fare di meglio). Quello che mi ha sorpreso in modo piacevole, e che mi ha spinto a continuare, è che riscrivendo ho rivissuto i particolari di avventure che la memoria stava perdendo ed ho rinverdito il ricordo, ormai impallidito, di personaggi che hanno attraversato la mia vita di alpinista e che oggi non ci sono più.
Ho cercato di ordinare gli scritti secondo tre argomenti: avventure e luoghi, personaggi, saggi su costume ed evoluzione di alpinismo e scalata.
Strada facendo si è palesato un altro incentivo: quello di ricordare e rappresentare la nostra montagna non ancora gravemente ferita dall’innalzamento globale della temperatura e da altri danni causati dall’uomo.
Alcuni scritti li ho inviati ad Alessandro per il suo blog, altri ai siti della Scuola di Alpinismo Giusto Gervasutti, del Club Alpino Accademico, della Sezione UGET e di Valli di Lanzo in Verticale.
Poi, grazie all’editore Paolo Fusta, ho colto la possibilità di condividere queste avventure di montagna attraverso un libro: DAL MONVISO AL CHANGABANG. Scalate e personaggi in sei decenni di alpinismo.
Dai testi del libro voglio estrarre, un breve racconto della nostra visita a quelle straordinarie strutture rocciose che rispondono al nome di Mallos de Riglos.
I MALLOS
La Spagna e lontana! Ce ne siamo accorti quella sera del 21 marzo 2003 quando, dopo molte ore di viaggio, siamo giunti a Riglos per arrampicare su quegli straordinari e vertiginosi pinnacoli di conglomerato che rispondono al nome di Mallos. Franco Ribetti, il mio socio di innumerevoli scalate, li desiderava da lungo tempo ma la difficoltà di racimolare i giorni necessari al momento giusto gli fece sempre rimandare la realizzazione del progetto. Si perché ai Mallos bisogna andarci nelle mezze stagioni: d'inverno fa troppo freddo, d'estate troppo caldo. Raggiunto finalmente il traguardo della pensione cadde l’ostacolo e il mio amico poté realizzare l'antico desiderio. Egli arrampica volentieri sul conglomerato e quel piccolo gruppo di torri, ultima propaggine pirenaica della valle del rio Gàllego, rappresenta, in fatto di scalate, quanto di più ardito si possa desiderare su quel succedaneo della roccia. lo invece ho sempre diffidato della puddinga ed al momento di aderire all'iniziativa ebbi qualche dubbio, ma poi vinse la curiosità e mi aggregai a Franco e Fabrizio Ferrari che già avevano combinato il viaggio. Non ebbi a pentirmene.
Lo spettacolo che si presentò ai nostri occhi, quando uscimmo dall'ultima curva della strada che porta a Riglos, superò ogni nostra aspettativa: quei pirilloni gialli e rossi, con pareti strapiombanti, erano straordinari e soprattutto impressionanti. Ci fermammo nel tornante-belvedere ad ammirarli e subito ci venne spontanea una domanda: «Ma come si fa a scalare quei "cosi"'?». Che la risposta non fosse banale lo dimostrava il numero delle lapidi disposte sul muretto del belvedere, a ricordo di scalatori caduti nei coraggiosi tentativi condotti su quelle pareti.
Avvicinandoci di più notammo del bianco sul giallo/rossastro di quelle incredibili pareti, erano le tracce di magnesite che segnano il percorso degli itinerari più ripetuti. Ove poi esistono grotte tra gli strapiombi, oltre alle tracce lasciate dall’uomo, spiccano le macchie bianche del guano dei giganteschi avvoltoi che hanno eletto a dimora quelle cavità. Sono uccelli giganteschi che, quando te li vedi volare sopra il capo mentre arrampichi, ti provocano una certa inquietudine, per altro non giustificata in quanto assolutamente innocui.
Trovammo alloggio da un cordiale e simpaticissimo barista-scalatore che, nelle serate dopo la scalata, tra una degustazione e l’altra dei più celebri brandy spagnoli, ci raccontò le storie a volte drammatiche, dei pionieri che per primi vinsero i Mallos. Tra quei sassi, tenuti insieme da una specie si malta rossastra, è moto difficile trovare fessure atte a ricevere chiodi da roccia tradizionali. I coraggiosi pionieri dovettero affrontare grandi rischi nel tracciare le prime vie di scalata. Poi vennero i “burillos”, specie di microscopici chiodi a pressione (da spavento dico io che ne ho visto ancora qualcheduno in parete). Ora le vie più ripetute sono attrezzate con fix, ancoraggi molto più rassicuranti.
Seguendo i consigli del nostro ospite, ci avventurammo anche noi su quelle pareti impressionanti e, dopo qualche incertezza iniziale, prendemmo confidenza con l’insolita roccia e inanellammo una serie di salite belle ed impegnative. Iniziammo col salire “el Puro”: esile monolite che quando venne vinto (al costo di più di una vittima) venne dedicato al dittatore Franco. Arrampicare su ciottoli rotondi di ogni dimensione, sporgenti da un muro di malta rossastra disposto sempre oltre la verticale, ci regalò molte emozioni e qualche batticuore. La più impressionante delle vie salite fu quella sul “Pison” che strapiomba costantemente per 300 metri di dislivello proprio al di sopra del villaggio di Riglos, una via dalla quale sembra impossibile ripiegare con calate in corda doppia.
Scalammo per cinque giorni consecutivi fino a quando arrivò la pioggia a fermarci. Avevamo però ormai consumato gran parte delle nostre energie e partimmo da Riglos soddisfatti e senza rimpianti.
In passato non avrei mai immaginato di venire a scalare sui Mallos, ero troppo preso dall’alta montagna e quel genere di scalate non destavano il mio interesse, soprattutto in luoghi così lontani. Ma quante sono state le cose che pensavo di non fare e che poi invece ho fatto.
Ugo Manera